Il “caro energia” potrebbe trasformarsi in un’urgenza drammatica per le strutture della sanità, costrette ad affrontare bollette sempre più onerose. Un’esplosione dei costi che non può portare a una razionalizzazione nell’utilizzo di macchinari e riscaldamenti. E il rischio è che si rinunci a nuove assunzioni e alla stabilizzazione dei precari in un momento in cui mancano all’appello decine di migliaia di medici.
di Laura Della Pasqua
Qualche medico ha cominciato già in estate a risparmiare sulla bolletta energetica chiudendo l’aria condizionata e lasciando aperte le finestre. Ma cosa accadrà quando la temperatura scenderà in modo significativo? E comunque ciò che negli studi privati è possibile, non lo è negli ospedali. Finora l’attenzione si è concentrata su famiglie e imprese con gli esperti che dispensano consigli su come abbattere i costi, riducendo la frequenza delle docce o, per le imprese, cambiando gli orari di lavoro, concentrando l’attività nelle ore di luce, dove è possibile.
Un pezzo di Italia è invece entrato in una sorta di cono d’ombra come se i rincari non la riguardassero. Non siamo ancora al taglio dei servizi, ma anche gli ospedali devono fare i conti con la crisi energetica alla quale si aggiunge l’inflazione. Il decreto Aiuti Ter ha stanziato 400 milioni di euro destinati al Fondo sanitario per il settore ospedaliero, comprese Rsa e strutture private. Questi, sommati al miliardo disposto con l’assestamento di bilancio di agosto, fanno lievitare il Fsn 2022 di 1,4 miliardi. Ma il contributo è una tantum e, come hanno già sottolineato le istituzioni di settore, copre solo una esigua parte degli aumenti e lascia scoperti nuovi rincari.
L’allarme è stato lanciato dalla Fiaso, la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere, e ora si attende una risposta dal nuovo governo.