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Intervista di Allegra Zanni per Repubblica.it
Un quarto dei punti nascita in Italia non rispetta gli standard del numero minimo di parti all’anno richiesti. In un momento in cui tanto si parla di sicurezza negli ospedali, dopo il caso della bambina rapita a Cosenza e le aggressioni che spesso si verificano ai danni del personale, il presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) Giovanni Migliore sottolinea dell’importanza “della sicurezza clinica”.
Pochi parti
“In Italia, ci sono circa 400 punti nascita – spiega Migliore – e di questi, poco meno di 100 non rispettano l’obiettivo di parti minimi previsti per la legge e operano in deroga per diverse motivazioni, spesso geografiche”. La soglia è quella di 1.000 parti all’anno, “ma alcuni di questi non raggiungono i 500”. I numeri sono importanti: “Nella forbice che va tra i 1.000 e i 3.000 parti annui – continua Migliore – si minimizzano gli eventi avversi, che pure non possiamo eliminare del tutto”. I numeri, quindi, si traducono in maggiore sicurezza per le mamme partorienti e per i nuovi nati, “in un momento in cui questi sono un evento sempre più raro”.
Sicurezza fisica
Sui sistemi di sicurezza dei reparti e i problemi legati all’accesso, oltre alle linee guida generali, a dettare le regole sono i direttori delle aziende sanitari e quelli delle singole unità operative. “È giusto interrogarsi sulla situazione alla luce di un evento straordinario”, come il caso della piccola sottratta a una mamma a sole 36 ore di vita, “ma la situazione delle nostre strutture pubbliche è tranquillizzante. Non sono seconde a nessuno” sottolinea ancora il presidente della Fiaso.
E la possibilità di applicare maggiori controlli non è così semplice da applicare. “Pensiamo alla quantità di personale che si dovrebbe impiegare nelle strutture ospedaliere più grandi e complesse per chiedere i documenti a chiunque. Impraticabile – aggiunge – La possibilità di installare impianti di vigilanza, voluta a tutela degli operatori sanitari vittime di aggressione, è sicuramente uno strumento utile”.
No a ospedali “militarizzati”
La chiusura totale non è tra le alternative da auspicare. La mente torna al periodo della pandemia da Covid-19, “quando nessuno poteva accedere ai reparti di neonatologia e non si poteva fruire insieme di questi luoghi di gioia”, dice ancora Migliore. “La nascita è un evento personale, ma anche familiare e sociale. Deve essere vissuta in modo sicuro e deve essere socializzata, fa parte anche questo del percorso di cura”, conclude il presidente della Fiaso. “Il controllo è importante naturalmente, ma non penso che qualcuno vorrebbe tornare a situazioni di quel genere”.