L’obiettivo è stato mettere alla prova la struttura e i professionisti in uno scenario di massima allerta. Il Dg Mostarda: “Un lavoro dinamico, in continua evoluzione, necessario per un ospedale come il San Camillo, che è un Dea di secondo livello e che deve essere pronto per la massima complessità”
Si è svolta stamattina, all’Ospedale San Camillo Forlanini, la simulazione di una maxi emergenza finalizzata a testare le capacità e l’organizzazione del personale in caso di eventi particolarmente complessi. L’ospedale si è confrontato con uno scenario di livello 3, vale a dire di massima allerta: l’ipotetica esplosione di una palazzina nelle vicinanze dell’ospedale. Si è trattato di un vero e proprio “stress test” per il Dipartimento di Emergenza e Accettazione (Dea) di II livello dell’ospedale, tra i principali hub di riferimento regionale per le reti tempodipendenti e quella di oggi è stata una delle più grandi operazioni mai condotte prima all’interno di un ospedale pubblico del nostro Paese.
La simulazione ha previsto l’attivazione del Peimaf – il Piano Emergenza Interno Massiccio Afflusso di Feriti – e ha coinvolto circa 60 soci volontari della Croce Rossa Italiana, suddivisi in 32 persone tra simulatori – ovvero le “vittime” dell’incidente – truccatori e disturbatori (ovvero “parenti” delle “vittime”), operatori di emergenza (12 persone), 6 coordinatori, e tre equipaggi di ambulanza tutti composti da un autista e due soccorritori, oltre che due operatori di droni. Durante l’esercitazione, è stato previsto un massiccio afflusso di feriti in gravissime condizioni, trasportati in ambulanza al pronto soccorso del San Camillo. Gran parte degli operatori sanitari erano all’oscuro dell’organizzazione della simulazione, di cui si sono resi conto solo una volta cominciata.
“Rispetto all’anno scorso, abbiamo enfatizzato la complessità della simulazione, passando da un allarme due a un allarme tre, quello di massima emergenza – dichiara il Direttore generale del San Camillo Narciso Mostarda -. La cosa interessante è che durante la simulazione – che si svolge con il coinvolgimento di figuranti e con la collaborazione straordinaria di donne e di uomini della Croce Rossa, le forze dell’ordine, l’Ares 118, la vigilanza interna e tutto il personale dell’ospedale – il nosocomio continua a funzionare, e dunque si crea un iper afflusso contestuale, con pazienti autentici e attori, che arrivano allo stesso pronto soccorso. Il risultato è una simulazione che si avvicina moltissimo alla realtà”.
“L’organizzazione della simulazione non si improvvisa in pochi giorni – prosegue -. È il frutto di tanti incontri e di tante considerazioni. Durante l’esercitazione verifichiamo i dettagli e i tempi di risposta e compiamo un vero e proprio studio post-simulazione, per capire quale sia il livello di preparazione e di gestione nel caso delle maxi emergenze e come si possa ancora migliorare. Un lavoro dinamico, in continua evoluzione, necessario per un ospedale come il San Camillo, che è un Dea di secondo livello e che deve essere pronto per la massima complessità. Quello della simulazione è uno strumento cui si fa ricorso ancora troppo poco nel nostro Paese e che ritengo sia invece fondamentale per formare i professionisti della salute”.