Negli ultimi dieci anni la politica ha definanziato il Servizio sanitario nazionale per circa 37 miliardi. E in manovra ne arriveranno meno di quelli richiesti. Migliore (Fiaso): “Chiediamo un confronto e scelte politiche, per invertire la rotta servirebbe l’8% del Pil”
di Linda Varlese
Necessità di assumere professionisti per poi formarli nel lungo periodo e di investire sulle aziende ospedaliere per innovarle e sviluppare processi che siano al passo con i tempi. Per entrambe le esigenze, le categorie sanitarie chiedono al Governo risorse economiche e attenzione alle problematiche che interessano il Ssn. Alla vigilia della manovra finanziaria, le prospettive non sono buone: dei 4 miliardi in più richiesti dal ministro della Salute Orazio Schillaci, infatti, da destinare alla Sanità, il ministro dell’Economia aveva detto che “solo” 2,7 miliardi sarebbero stati quelli ad entrare nelle casse del dicastero. Salvo poi avvertire al meeting di CL a Rimini che “non si potrà fare tutto”. Una frase non direttamente rivolta alla sanità, ma tenuto conto che il comparto non è tra gli obiettivi prioritari del Governo e delle poche risorse a disposizione, l’intero settore è saltato sulle sedie.
“È necessario che si faccia chiarezza”, commenta Giovanni Migliore, presidente di Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere), “noi siamo pronti al confronto, ma il governo ci deve dire cosa vuole fare di questo Ssn. Deve operare delle scelte che sono politiche, come ha ricordato anche il ministro Giorgetti”.
Scelte politiche che hanno portato negli ultimi 10 anni a un definanziamento del Ssn di circa 37 miliardi di euro. Perché i tagli alla sanità sono una realtà che viene da lontano che ha via via eroso il funzionamento dell’intera macchina. Ma quanti sono, in effetti, i fondi necessari per invertire la rotta? Secondo il presidente Migliore circa “l’8% del Pil. Questa stima nasce da una considerazione molto semplice. In periodo Covid ci siamo attestati quasi al 7%, qualcosa di più, considerando che il Pil non è un numero costante. Ma il sistema normalmente è sottofinanziato rispetto alle necessità, tanto è vero che per tantissime esigenze anche la spesa pagata direttamente dai cittadini al di fuori del Ssn, cosiddetta out of pocket, è aumentata di anno in anno (secondo il monitoraggio della spesa sanitaria della Ragioneria dello Stato, nel 2022 è stata di 37,16 miliardi di euro, ndr). Se noi sommiamo il 6,3 o 6,4% allocato alla Sanità come finanziamento pubblico a quello che è invece versato dai cittadini, alla fine arriviamo a questo fantomatico 8% del Pil”.
Il punto è che con un Ssn efficiente e finanziato adeguatamente, non ci sarebbe bisogno di spesa out of pocket. Ma le falle del nostro Sistema Sanitario Nazionale sono molte. Le lunghe attese nei Pronto Soccorso, come le file interminabili per ottenere una prestazione o le spese sostenute nella cosiddetta “medicina difensiva”, secondo il presidente di Fiaso, si spiegano per lo più con la mancanza di risorse professionali. La necessità di reperire personale adeguato, in termini di unità operative e qualità del servizio offerto, è il nodo cruciale e la richiesta principale che arriva dalle categorie professionali.
“Sappiamo quanto sia difficile reperire professionisti”, spiega Migliore a HuffPost “difficoltà frutto di una programmazione poco attenta degli ultimi 10 anni. Oggi ci ritroviamo con un numero di professionisti che per le esigenze del Ssn (è notizia di tutti i giorni, la difficoltà di trovare medici per le aree critiche, professionisti sanitari per le zone marginali e quelle interne e così via) è esiguo”. E il problema non sono soltanto gli stipendi bassi che recepiscono questi professionisti, che li fa scappare verso le cliniche private o all’estero, ma anche l’esistenza di un tetto di spesa “per il personale che è ancorato ai numeri di 20 anni fa”, ci spiega ancora il presidente di Fiaso. “Tutto il Ssn può spendere per le risorse umane, quindi il personale sanitario, quello che spendeva nel 2004 ridotto di un 1,4%: allora eravamo in periodo di spending review, operata dal governo Monti, e sono entrare in vigore tutte una serie di misure che sono state efficaci per evitare la bancarotta dello Stato. Ebbene oggi siamo costretti a limitare le assunzioni, anche in presenza di risorse esistenti (perché ci sono alcune Regioni che potrebbero assumere al di là del tetto di spesa) perché vincolati da questo tetto di spesa al personale che è di 20 anni fa. Se questo limite fosse modificato potremmo evitare escamotage per offrire ai cittadini servizi indispensabili: come ad esempio il ricorso ai medici a gettone che francamente non sono utili, perché si spende uguale e si spende male” chiosa Migliore.
Il passaggio dal tetto di spesa per il personale allo standard per il personale è una richiesta unanime. “Dobbiamo stabilire per ogni servizio quali sono le esigenze in termini di personale. Non possiamo pretendere, ed è il ragionamento che facciamo noi di Fiaso, di avere la sanità di qualche nostro vicino europeo se destiniamo alla sanità risorse inferiori in termini di percentuale di Pil”. Né è più opportuno parlare di riduzione degli sprechi. Scrive Quotidiano Sanità che “molti risparmi sono già previsti dallo stesso Pnrr dove dal 2027 per mantenerlo si punta a risparmiare 134 milioni dalla riduzione dei ricoveri ospedalieri per i pazienti cronici. In seconda battuta l’obiettivo è di ridurre l’accesso inappropriato al Pronto soccorso riducendo del 90% i codici bianchi e del 60% i codici verdi per un risparmio potenziale di 719 mln di euro. In terza battuta si spera di ricavare 329 mln da un uso più appropriato di farmaci cardiovascolari, antibiotici e gastrointestinali”.
“La stagione degli sprechi ce la siamo lasciata alle spalle da moltissimo”, commenta Migliore. “Abbiamo raschiato il fondo del barile, utilizzando tutte le risorse in maniera attenta. Se di stagione degli sprechi si può parlare, c’è stata prima della riforma che ha dato vita alle aziende sanitarie perché oggi abbiamo obbligo dell’equilibrio di bilancio, che tutte le Regioni hanno perseguito. Si può intervenire ancora? Forse sì, ma si è già fatto moltissimo. Non parlerei di sprechi ma di un sistema che in innovazione e tutta un’altra serie di necessità è sottofinanziato”.
Tra i temi cari alla categoria dei medici, c’è poi la depenalizzazione del reato medico e la conseguente spesa in medicina difensiva: “Questo è uno degli effetti collaterali non desiderati di una situazione che ha consolidato nel tempo la mancata assunzione di personale a tempo indeterminato. Se non abbiamo tutto il personale che i reparti hanno necessità di avere, e parlo ad esempio del reparto emergenza, è purtroppo un effetto indotto quello di un personale che utilizza qualsiasi strumento a disposizione per evitare il contenzioso e che, in una situazione di difficoltà in cui i tempi di attesa in pronto soccorso molto spesso si allungano, può determinare. Dovremmo poter contare su professionisti che stanno con noi per un lungo periodo di tempo, sui quali investire in formazione. Se invece abbiamo a disposizione personale precario, perché non lo possiamo assumere a causa del tetto di spesa, gli investimenti sulla formazione diventano non solo impossibili, ma inutili”, conclude Migliore.
“Per cui abbiamo necessità da un lato di poter assumere i professionisti che ci servono, e questo dipende dal tetto di spesa e dalla disponibilità di risorse economiche; e dall’altro lato la necessità di fare investimenti nelle nostre aziende per innovazione e nuovi processi che siano al passo con i tempi e anche questo dipende dalla disponibilità di risorse economiche. A questo si aggiungono i danni dell’inflazione che si è mangiata quest’anno una larga fetta del finanziamento al Ssn. Per questo è necessario fare chiarezza e capire cosa ci si aspetta da questo Ssn: la politica ce lo dica, noi siamo disponibili al confronto”.