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Intervento di Giovanni Migliore per la Giornata mondiale del malato 2025
“Non possiamo permettere che la speranza venga meno, perché è la luce che ci fa andare avanti”. Queste parole di Papa Francesco, pronunciate durante l’omelia del Giubileo della Misericordia nel 2016, ci ricordano quanto sia fondamentale coltivare la speranza, specialmente in ambito sanitario, dove spesso ci troviamo di fronte a narrazioni pesanti e scoraggianti.
Negli ultimi anni, il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ha affrontato sfide significative: lunghe liste d’attesa, carenza di personale e strutture sovraccariche.
La pandemia da COVID-19 ha amplificato queste difficoltà, ma ha anche dimostrato come il SSN possa alimentare e sostenere la speranza di superare una crisi epocale.
In un momento di grande incertezza, il nostro sistema sanitario ha mostrato resilienza e capacità di risposta, lavorando instancabilmente per proteggere la salute dei cittadini.
Quando ci concentriamo solo sui problemi, rischiamo di farci un’idea distorta della realtà. I pazienti possono sentirsi come numeri in un sistema, piuttosto che come persone con storie uniche. Questo clima di sfiducia minaccia la nostra speranza, un elemento cruciale per affrontare qualsiasi percorso di cura. La speranza ha un valore straordinario per ogni singolo paziente, soprattutto per quelli più gravi e fragili.
Ogni persona porta con sé una storia e delle aspettative uniche; è attraverso la speranza che i pazienti trovano la forza di affrontare le sfide della malattia e di collaborare attivamente con i professionisti della salute.
Ma il Santo Padre quest’anno, in occasione della giornata mondiale del malato, nel messaggio “la speranza non delude”, sottolinea anche che i luoghi in cui si soffre sono spesso luoghi di condivisione, in cui ci si arricchisce a vicenda. È essenziale che la speranza si traduca in azioni concrete.
Qui entra in gioco il ruolo fondamentale del management delle aziende sanitarie.
Coloro che hanno responsabilità gestionale nel settore della salute devono garantire una gestione efficace delle risorse, promuovendo pratiche sostenibili e assicurando che le cure siano accessibili a tutti. Un management attento può migliorare l’efficienza operativa e creare un ambiente in cui il personale sanitario possa lavorare in condizioni ottimali, permettendo ai pazienti di ricevere le cure necessarie.
Durante la pandemia, medici, infermieri e operatori sanitari hanno dedicato le loro vite a costruire una realtà migliore per i pazienti, affrontando enormi sfide con dedizione e coraggio. Il SSN ha rappresentato una fonte di speranza e supporto, dimostrando come un sistema sanitario possa essere un pilastro fondamentale in tempi di crisi. Dobbiamo dare visibilità a queste storie di successo e sostenere progetti innovativi che possono trasformare la nostra esperienza con la salute.
Ogni iniziativa, ogni intervento, ogni piccolo passo in avanti contribuisce a rendere la speranza qualcosa di reale e tangibile. Siamo tutti parte di questa narrazione.
Possiamo contribuire a costruire un discorso che non solo metta in luce le difficoltà, ma che riconosca anche gli aspetti positivi del SSN. La speranza può tornare a giocare un ruolo centrale se decidiamo di mettere in risalto le storie di resilienza e successo. In questo contesto, il Giubileo deve essere un momento in cui riflettere sulla nostra umanità e sulla nostra capacità di rinnovarci.
È un’opportunità per ricaricare le energie, rinnovare i nostri impegni e ribadire l’importanza della solidarietà e della cura reciproca. Possiamo vedere questo Giubileo come un’occasione per ricostruire la speranza, promuovere il benessere e dare vita a un rinnovato spirito di comunità, in cui ogni persona sia valorizzata e sostenuta. Insieme, possiamo dare vita alla speranza rendendola concreta attraverso le nostre azioni quotidiane e il nostro impegno collettivo.
Ancora una volta mi piace ricordare le parole del Santo Padre che ci invita ad essere “angeli” di speranza, gli uni per gli altri, tutti insieme: malati, medici, infermieri, familiari, amici, sacerdoti, religiosi e religiose; là dove siamo: nelle famiglie, negli ambulatori, nelle case di cura, negli ospedali e nelle cliniche.